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VIVERE QUI E ADESSO

Il Tenzo Kyokun fu scritto da Dogen Zenji quando, all’età di trentotto anni, viveva nel tempio Koshoji a Uji. Il testo è una raccolta di indicazioni per i tenzo, ovvero i monaci incaricati della cucina nei templi zen.

Quando aveva trentaquattro anni, Dogen Zenji si recò nella Cina dei Song insieme ad un altro monaco, Myozen, alla ricerca dei veri insegnamenti buddisti.

Dogen scrisse: “In Giappone si conosce il buddismo ormai da secoli, ma non esiste nessuna indicazione scritta riguardo alla corretta preparazione dei pasti per chi pratica la disciplina nei templi, né nessuno me l’ha mai insegnata”.

Come testimoniato nel Tenzo Kyokun, Dogen Zenji raggiunse la Cina dei Song e lì, incontrando varie persone, capì che il lavoro di un tenzo non è meno importante della pratica dello zazen.

Quanto segue narra di un’esperienza fatta da Dogen Zenji durante la sua permanenza presso il tempio Keitokuji, nella provincia cinese del Chekiang. In cammino per andare a trovare il suo compagno di viaggio Myozen, in convalescenza in un ospedale dopo una malattia, Dogen Zenji decise di passare a visitare la sala del Buddha di un tempio. Qui vide un anziano monaco con la schiena ricurva come un arco e con le sopracciglia bianche come piume di gru. L’anziano monaco stava facendo seccare dei funghi ponendoli uno alla volta sulle mattonelle con cui era lastricato il cortile.

In a large temple great quantities of mushrooms are consumed, therefore, many are dried in the hottest part of the summer and put away for future use. The old monk, Yung Osho, supported himself with a bamboo staff, and in spite of the heat wore no hat, so he was drenched with sweat. He was totally absorbed in his task. In the scorching sun the paving tiles were as hot as an oven.

Un compito del genere in una giornata così calda non è senz’altro facile neanche per un giovane, figurarsi per un anziano prossimo ai settant’anni.

Il giovane monaco Dogen, vedendolo, si impietosì, si avvicinò all’anziano e gli chiese: “Quanti anni ha?”.

Il tenzo Yung fermò la sua mano indaffarata giusto il tempo per rispondere: “Quest’anno ne compio sessantotto.”.

“Una persona della sua età” – consigliò Dogen preoccupato – “non dovrebbe fare un lavoro come questo; perché non affida il compito a qualcun altro?”.

“Qualcun altro? Non sarei più io” rispose pungente il tenzo Yung. Per Dogen dev’essere stata come una pugnalata al petto.

“Quello è senz’altro vero. Però potrebbe almeno riposare un po’. Non deve abusare delle sue forze” obiettò altruisticamente Dogen.

Il tenzo Yung rispose con fermezza: “E fino a quando dovrei aspettare?” e continuò il suo compito.

Questa seconda frecciata colpì Dogen ancora più profondamente della prima; quelle parole erano davvero gemme preziose e ciascuna risuonava dentro di lui. Dopo quella risposta, Dogen sentì che aggiungere altro sarebbe stato inutile.

Più tardi, scrisse: “Ho dovuto rinunciare. Ma mentre camminavo lungo il corridoio, ho capito quanto il lavoro sia importante”.

“Qualcun altro? Non sarei più io” Questa affermazione definisce il “qui” nello spazio mentre “E fino a quando dovrei aspettare?” definisce l’”adesso” nel tempo. Non qualcun altro, ma io (qui); non in un altro momento, ma ora. La realtà è il punto in cui questo tipo di “qui” e di “adesso” si intersecano.

Non si è mai vista un’epoca in cui la vita abbia alti e bassi così violenti come oggi.

Se questa osservazione vi sembra banale, allora dirò che non c’è mai stato un periodo di cambiamenti sociali e sviluppo tanto estremi come oggi.

Il roseo futuro sognato durante il periodo della grande crescita economica è ormai un castello in aria.

La rivoluzione tecnologica non ha semplicemente cambiato il processo di produzione; prima che ce ne rendessimo conto, ha finito con cambiare tutto, dalla struttura dell’industria a quella della società. In molti si lamentano continuamente della loro disgraziata caduta dovuta a queste nuove forze.

Di conseguenza, ognuno vuole sapere quando, come e in che direzione il mondo cambierà. Sappiamo che se facciamo cadere un bicchiere sul cemento, il bicchiere si romperà, ma non possiamo sapere in quanti pezzi. Esattamente nello stesso modo, nessuno sa esattamente che tipo di cambiamento avverrà. Il futuro incerto, i tempi andati e le persone intorno a noi sono tutte cose su cui non possiamo fare troppo affidamento. La cosa più importante, perciò, è acquisire la capacità di adattarsi ad ogni cambiamento; o, più precisamente, di acquisire il senso di noi stessi necessario a renderci padroni di ogni situazione e a influenzare liberamente, secondo la nostra volontà, il nostro ambiente che cambia in ogni istante.

Questo non è altro che vivere completamente fino in fondo la nostra vita “qui e adesso”, che è la cosa più certa che ci possa essere in questo mondo incerto.

Lo zen e lo Shobogenzo di Dogen Zenji ci insegnano come fare.

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